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CALIFANO E LA STRADA A GARBATELLA

foto https://www.facebook.com/RomaToday.it

Franco Califano - Alemanno: strada con suo nome alla Garbatella

Roma - "Vediamo se riusciamo a trovare una strada alla Garbatella, perche' lui amava molto quel quartiere e voleva andarci a vivere. Non si e' mai trovato un appartamento dove potesse andare, ma quello era il suo sogno. Quindi vediamo se alla Garbatella, nonostante tutte le difficolta' che ci sono in quartieri consolidati, riusciamo a trovare una strada per Franco Califano". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, appena uscito dalla chiesa degli Artisti di piazza del Popolo, dove si e' svolto il rito funebre per l'artista romano scomparso sabato. Oltre all'intitolazione di una strada, a Califano verra' dedicato anche un concerto il prossimo 21 aprile, Natale di Roma.
"Un concerto fatto da tutti gli amici di Califano che canteranno le sue canzoni e che leggeranno delle poesie- ha aggiunto Alemanno- in modo tale che Roma proprio nel giorno del suo Natale possa ricordare questo suo grande poeta". Per il sindaco di Roma, Califano era "un amico, una persona che conoscevo bene e che fa parte della mia storia e dei miei percorsi. Un pezzo di Roma. Era una persona fuori dalle righe, nulla di corretto, nulla di preciso, ma era veramente un grande poeta per la citta'. Ogni romano ha sentito un pezzo di Califano- ha concluso Alemanno- ogni uomo avrebbe voluto avere lo stesso successo che aveva lui con le donne. Ci ha insegnato una grande umanita' e un grande amore per questa citta'".
fonte http://roma.ogginotizie.it/229550-franco-califano-alemanno-strada-con-suo-nome-alla-garbatella/#.UVtGm1d3pEI
....IN RICORDO DI UN PASSAGGIO DI CALIFANO CON DI GIACOMO ALLA GARBATELLA

Di Giacomo e Califano cittadini onorari di Garbatella per l’impegno contro il carcere

 

Comunicato del 18 maggio 2011

“In un Teatro Palladium pieno in ogni ordine di posti numerosi artisti si sono esibiti nello spettacolo Note Galeotte, voluto dall’Associazione Il Viandante e dal Municipio Roma XI per sensibilizzare, informare e creare una rete a supporto dei percorsi di reinserimento sociale e lavorativo di persone detenute, ex detenute o sottoposte a misure alternative. Oltre a Claudia Delli Ficorelli ed al suo Core a Core, ad Alfredo Serafini, agli Sketch anarchici di Gabriele Mazzucco e del suo Artirossi Teatri, sul palco sono saliti anche Francesco Di Giacomo e Franco Califano, a cui si è espressa gratitudine per la disponibilità con una targa che li ha nominati cittadini onorari di Garbatella, offerta dal Roma Club del quartiere.”

“Quando si parla di carcere, detenzione, e post pena, c’è un muro di silenzio e indifferenza che impedisce di discutere seriamente su come accompagnare le persone nel difficile rientro in società, c’è un’opinione pubblica che dimentica costantemente i fini rieducativi delle pene e le reinterpreta in senso punitivo, ci sono Enti Locali che lungi dal porsi sul terreno dell’integrazione alimentano il diffuso clima di ostilità. Al contrario, proprio gli Enti locali dovrebbero essere in prima fila nel progettare e attuare i percorsi di formazione ed inserimento al lavoro, per i detenuti come per le altre fasce deboli, ma investimenti e risorse sono inesistenti. Il Municipio Roma XI non si rassegna e continua a produrre servizi come lo Sportello Rebibbia, progetti specifici come Belli come il sole (per i bambini 0-3 anni in carcere) e Municipio a porte aperte, eventi come Note Galeotte, puntando sulla ricchezza del tessuto associativo e su tanti artisti che si esibiscono sempre in maniera volontaria e gratuita” – dichiara Andrea Catarci, Presidente del Municipio Roma XI


fonte

http://andreacatarci.it/?p=1842

CAFFE LETTERARIO ROMA EVENTI

GIOVEDI 1 NOVEMBRE 2012

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Sabato 3 Novembre ore 18.30

 

 

 

Esposizione Collettiva di Arte Contemporanea: Secondo Ciclo Espositivo del Premio Art Caffè Letterario Prima Edizione.
A Cura: Pamela Cento, Sonia Mazzoli.
Coordinator: Valentina Marin.
Artisti: M. Anatrella, A. Anemona, C. Ascolinio, R. Attanasio, S. Balice, S. Bertoni, N. Caltabiano, G. Cerocchi, S. Cipolletti, D. Cozzi, S. De Gennaro, M. Di Carlo, M. Forcina, S. Frasca, P. Gemelli, U. Malatesta, S. Manni, P. Marrocco, C. Mascaro, A. Mattei, Occhio di Ra, D. Panebianco, R. M. Rocca, Luigi Rodio, M. Ruggeri, P. Schifano, S. Vallarano, G. Zaccaria.
Dove: Caffè Letterario, Via Ostiense 95, Roma (Metro Piramide).
Quando: Da sabato 3 novembre a venerdì 16 novembre 2012.
Inaugurazione: Sabato 3 novembre, dalle ore 19.00 alle 22.00; alle ore 21.00: Performance di pittura sul corpo di A. Mattei.
Info: 3492847925 - www.artcaffeletterario.com - www.centoproduzioni.com
Ufficio Stampa: Federica Camilloni.
Produzione: Caffè Letterario - Cento Produzioni Arte & Comunicazione.
Sabato 3 novembre si inaugura, dalle 19.00 alle 22.00, il Secondo Ciclo Espositivo del Premio Art Caffè Letterario, Premio che incentiva e promuove il talento artistico. Dedicato a tutti i generi e i linguaggi dell’arte, consente ai fruitori di poter ammirare interessanti opere che mostrano le tendenze attuali dell’arte. Il Caffè Letterario, nato nel 2008 dal recupero di un ex garage, nel tempo è diventato un contenitore delle arti unico a Roma, ubicato tra la Piramide Cestia, il Gazometro e i Mercati Generali, si presenta nei suoi mille metri quadri come crocevia di cultura, design ed arte.
Le selezioni per i prossimi step espositivi del Premio Art Caffè Letterario sono ancora aperte.
Il Comitato di Direzione Artistica del Premio è composto dagli Architetti Vincenzo Pultrone e Domenico Pasqua e dalle curatrici dall’esperienza Internazionale Pamela Cento e Sonia Mazzoli.
Per il Secondo Ciclo Espositivo del Premio in esposizione fino al 16 novembre le opere d’arte di ventotto artisti provenienti da tutta Italia: M. Anatrella, A. Anemona, C. Ascolinio, R. Attanasio, S. Balice, S. Bertoni, N. Caltabiano, G. Cerocchi, S. Cipolletti, D. Cozzi, S. De Gennaro, M. Di Carlo, M. Forcina, S. Frasca, P. Gemelli, U. Malatesta, S. Manni, P. Marrocco, C. Mascaro, A. Mattei, Occhio di Ra, D. Panebianco, R. M. Rocca, Luigi Rodio, M. Ruggeri, P. Schifano, S. Vallarano, G. Zaccaria.
Alle ore 21.00 performance di pittura dell’artista Annarita Mattei, realizzazione pittorica sul corpo delle modelle Daniela D' Angelo e Gabriella Teodosio.
UFFICIO STAMPA
Federica Camilloni
3278118016
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BUON COMPLEANNO GARBATELLA 2013

Ogni anno sia gli spettacoli dal vivo e che l’esposizione fotografica, sono caratterizzati da un

messaggio culturale specifico; quest’anno, il programma alla sua VIII° edizione, dedicherà i suoi

eventi alla “

normalità
”.

Ossia quel tanto di speciale che è in ognuno di noi, tale da permettere in tempi così difficili, di

mantenere stabili valori come l’Etica, il senso della Famiglia, una generica e semplice ma quanto

mai speciale buona educazione ed approccio verso gli altri.

Gli spettacoli comporranno un percorso artistico complementare fra discipline e repertori canori

affinché la RI-congiunzione fra i Tempi di ieri e di oggi, possano rincuorare e ricordare a tutti, che “siamo abbastanza speciali da  poter essere normali”.

 

Ass.Itaca

BUCIARDI A LA GARBATELLA

BUCIARDI A LA GARBATELLA


Io credo che in ogni Rione, Quartiere o Municipio de Roma ce sia un buciardo. Armeno uno.
E perché? A la Garbatella noooo? E si che ce ne sò stati ner passato…e ner presente? “Beh”,
me dice Franco ‹er pacoccia›, “ce sò eccome. E più de uno! Però forse uno abbastanza dè
moda adesso è Carlo ‹er panzana›“. Incomincio a ride e a ride dè core: “a Fra”, je dico, “è
inutile che te domanno perché ‘o chiamate ‹er panzana›. Er soprannome dè stò Carlo è tutto
‘n programma!”. “Arvà te devo da di puro, che io l’ho difeso da subbito, perché a me nun me
dava proprio a sensazione ch’era un buciardo. Un pò volone si, ma no bugiardo. E ‘nfatti a la
fine…si nun fosse ch’è scoppiata ‘na traggedia che dopo t’aricconno!” “Ma fisicamente ‘o
conosco?”. “Nun ciò sò. Me pare che abbita andò sei nato te Arvà. A via Enrico Cravero.
Comunque: è basso, grasso e quanno che soride fà vede li denti accavallati e ammonticchiati.
Cià ‘na trentina d’anni e pare ‘n pupone”. “Vabbè. Ma che fa? Lavora, nun lavora, vive cò i
genitori. Inzomma perchè ritenghi che dicheno che è ‘n buciardo ma tu ‘o difenni?”. “Arvà. ‘O
dico puro io che è ‘n pò buciardo perché ‘o frequento. Intanto ‘a madre stravede pè lui, com’è
giusto che sia. E ‘o riempie de sòrdi. Carlo ‹er panzana› aricconta ‘n sacco dè…panzane.
Che cià tante donne: more, rosse, bionde e che sò tutte innammorate de lui. Ar Baretto andò
annamo praticamente tutti, ‘o stanno a sentì ma tanto n’ ‘o crede nissuno. A sentì lui nun ha
bisogno dè lavorà in quanto ‘a madre cià: appartamenti affittati, tre negozi e artro. E mò però
semo arivati che l’amichi, quanno ch’ariva, ò pieno per culo, soprattutto pe ‘e donne: “aho!
Visto che ciai ‘n ber pò de donne, perché nun ce ne fai conosce quarcuna puro a noi?”. E lui:
“quanno che volete!”. Io te devo da dì Arvà, che a me e inzisto, nun me sembrava così
buciardo come dicheno l’antri. De palle ne sparava più d’una, ma a me me pareva solo ‘n pò
leggerino. ‘N pò farzo. E come diceva mi Nonna Amelia ‘́ nun te fidà dè ‘na persona farza,
perché si piscia a letto, dice che ha sudato”. “Ma a pacò. Aricconteme ‘n’ pò ‘a traggedia”.
“Allora: l’urtimo fatto, che nun è bello, spiega tutto. Lui una ce l’ha portata. ‘Na gnocca da
schianto, ma ar momento de le presentazioni a cominciato a farfujà dà ‘a timidezza: “questa
è n’amica mia e se chiama Alexandra”. “Ma perché è straniera?” chiede Claudio ‹‘o sciorto›.
“No. E’ Romana” arisponne Carlo. “Perché te pare straniera?”. “No, sai comè, Alexandra cò la
icchese ‘n mezzo è ‘n pò strana a Roma”. “Ma, come senti Arvà, ‘na verità, ‘n mezzo a tante
bucie (li tanti sordi d’a madre, li negozzi, e le donne) ‹er panzana›, portannoce Alexandra l’ha
detta. Dimostranno, appunto, che poi tutto stò buciardo nun è. Poi è successo er fatto: cià
detto che cò Alexandra annaveno a cena e poi a letto inzieme! E nojantri, saputo cò
‘n’inghippo er posto e l’ora d’appuntamento, se semo acquattati e l’avemio appettato sotto
casa. E quanno che è sortito, noi, cò du maghine de le nostre, je semo iti appresso. Carlo e
Alexandra ariveno da e parti d’a Montagnola e ceneno. Poi ariparteno e vanno dritti verso er
mare. Arivati sur litorale, entreno drento a ‘n’ Arbergo e noi, se semo detti: “aho si questo ce
fà notte noi che famo?” “Aspettamo” E’ stata ‘a risposta che se semo dati! ‘N’ ora doppo
Fabbio ‹er patata› decide d’annà a domannà a la resepzions (così l’ha chiamata lui)
dicennoce: “vado io che conosco e lingue”. Noi restanti se semo guardati e avemo detto: “ma
perché ‹er patata›, ortre ar Garbatellese, parla artre lingue?”. E giù a ride. Doppo ‘na bona
mezzora ‹er patata› ritorna cò a faccia stravorta e dice: ”forza regà, tocca annà a l’Ospedale
Grassi a Ostia che Carlo l’hanno ricoverato.” “E che cià?”. “E che ne sò! Lo stà vejanno
Alexandra”. “A patà, parli come si fosse morto. Dichi ‘a veja’, ma è morto?” “No. S’è ‘nteso
male e hanno chiamato er 118. Annamo daje! Se famo ariccontà tutto da Alexandra”. “Che
era successo?” chiedo io. “E che era successo?” me dice ‹er pacoccia›. “Niente de grave, pè
fortuna. Er fatto che cià ariccontato Alexandra è questo: “semo saliti n’a cammera che
ciaveveno dato. Io sò annata ar bagno pè damme ‘na riassettata e pè spojamme. Sò sortita
dieci minuti doppo nuda e cò solo ‘n microslip. Puro Carlo s’era cambiato. S’era messo ‘n
dilongo de seta celeste. E qui nun ho capito bene doppo che è successo”. “Alexà”, famo quasi
‘n coro. “Ma come nu ‘o sai che è successo! Stavi lì! Armeno dicce come so ite ‘e cose che
capimo!” “Vabbè, anche si me vergogno, ve dico tutto. Carlo me s’è avvicinato e m’ha
abbraccicato. L’urtime parole che j’ho inteso dì sò state. ‘Alexà quanto sei bona‘, mentre
ch’allungava ‘na mano. Doppodechè è scivolato lentamente pè tera e pareva morto.
Ho chiamato er Portiere e…er resto ‘o sapete. Er 118, l’Ospedale e er ricovero. Mò però
abbasta nun ve dico più gnente”. “Se semo informati mejo Arvà. ‹Er panzana›, che è risurtato
‘n timido teribbile e che seconno noi era ‘a prima vorta che vedeva ‘na donna gnuda, s’è
emozionato e è cascato longo pè tera. Er referto der Grassi dice: ‘caduta improvvisa a terra,
dovuta a un eccessivo riflesso neurovegetativo con aritmia cardiaca e sindrome vertiginosa’.
“Inzomma Arvà. ‘Na bucia Carlo ‹er panzana› ciaveva detta: nun è vero che era pieno dè
donne e de qui e de là. A detta d’a madre nun ciaveva e nun j’aveva mai presentato ‘na
donna in vita sua. “E si ”, ha detto ‘a madre, “che io sò tutto dè Carlo”. “E mò come stà?”
chiedo. “Arvà. Si te devo da dì ‘a mia, è rincojonito fracico e strascica puro ‘n pò e parole.
Sò ito a trovallo e ripeteva guardanno ner vòto: “portateme e gnocche mie…portateme e
gnocche mie”. “Come senti Arvà, mica ha smesso de di stronzate. No. Ma quanno mai!
E stronzate fanno parte dè lui…

Alvaro Cardarelli

ER PROVINO DE KATY

Er provino de Katy                                                                                    15.novembre 2012


Marco chiacchiera tranquillo cò l’amico Arfredo mentre guardeno ‘a televisione.
A ‘n certo punto Marco se ne esce: «Anvedi si che galline che so’ queste. Fanno schifo come
canteno. E magara ‘e pagheno puro. Io je staccherei er collo e ce farei er brodo! Naturarmente
de gallina. Nemmeno ce verebbe bono. Nun sanno cantà e se moveno puro male. Ce dovrebbe
annà mi sorella Katy che armeno jammolla! Mò quasi quasi je dico de fa a domanna pè ‘n
provino. Hai visto mai che c’è uno che ce capisce…e si c’è uno che ce capisce, mi sorella a
pieno subbito!» Arfredo, cò l’arietta d’a presa per culo risponne e domanna:
«Ho sentito bene? Che fai pè tu’ sorella?» «Dico a Katy de fà domanna pe ‘anna’ in quela
trasmissione come cantante» risponne Marco. «Cantante? - fa Arfredo - io l’ho sentita cantà tu
sorella. Me pareva una che ciaveva ‘a tonsillite cor febbrone. Tanto è vero che ho bussato a la
porta de casa sua e j’ho domannato si je se stava a lamentà ’aspiraporvere!» «Vabbè. Quanno
se tratta de mi sorella ce n’hai sempre una! Ma che t’ha fatto Katy, se pò sapè?» «Magara
quello che nun m’ha fatto! E si che je sò ito appresso pè quasi ‘n’anno e j’avevo detto che
avevo preso ‘a scuffia pè lei. Ma lei ha fatto finta de nun vedemme e de nun sentimme!
Me so ‘nteso ‘n verme, me so ‘nteso!» «Succede a li vivi perché a li morti…però mò nun la poi
massacrà a vita. Cerca de rispettà puro er parere e er volere de l’antri» «Si. Certo. Ma ‘a
scuffia pè lei mica m’ha fatto diventa scemo e sordo. Tu sorella si canta pare ‘n cane. Anzi ‘na
cagna!» «Pò esse. Ma questo ‘o dichi te! L’artri ‘a senteno volentieri!» «E bigna vedè che “j’ha
fatto a loro”. Sai tu sorella mica è ‘na verginella. Se dà da fa eccome. Solo cò me “nun ha
potuto”. Così m’ha detto! E nun me pare dè esse ‘n mostro de bruttezza…» «’O vedi che sei
prevenuto! Poi amico caro, mi sorella cià quasi cinquant’anni e me pare che quell’età nun deve
chiede a nisuno si pò fa questo o pò fa quell’artro e soprattutto co chi! Tu che hai voluto dì?
Che favorisce quarcuno? E allora? Farà puro come je pare. Questo però nun te deve fa
diventà acido. Katy canta e balla puro. E bene! Ma tanto a te che t’ho dico a fa? Pe te ormai mi
sorella è come er fumo all’occhi!» «No. Io tu sorella ‘na vedo proprio. Anzi nun e’ vero. Io
quarche sera che l’ho seguita l’ho vista e puro bene…» «Stà a senti Arfrè. Io nun vojo discute
cò te. Semo amichi e nun rompo n’amicizia perché tu nun poi vede più mi sorella. Però cerca
de stà carmo. Si stai carmo te dico ‘n pò de cose su la bravura de Katy. Lei, quanno canta, nun
sarà Mirva, anche se ce somja parecchio, ma è brava. Poi balla tutti o quasi li stili der ballo.
Dar tango ar chachachà. Er varzer crassico, la bossa e er samba. ‘Nzomma: è brava. Punto e
basta!» «A Mà. Io de tu sorella, si credi, nun te ne parlo più. Anche perché e ciai raggione, è tu
sorella. Io resto de ‘e mie oppignoni. Poi è vero! Io ciò sformato perché la sua cò mè è stata
‘na vera cattiveria. Credo puro che te tu sorella nu ‘a conoschi fino ‘n fonno. Ma ‘n giorno
capirai. Vedrai che capirai!» «Si. Pò darsi che nun ‘a conosco fino in fonno! Ma quelo che nun
so’, dev’esse così poco che nun me serve nemmeno de sapè. A proposito. Me so scordato dè
ditte che Katy è puro imitatrice. E anche qui è bravissima» «Questa me mancava proprio.
A si? Imita puro? E che imitazioni fa? De li cantanti? De l’attori? Che imita?» «E’ brava
parecchio. E’ na rumorista nata! Li motori de l’atomobbili per esempio. Riesce puro a fatte capì
si è ‘na Ferari o ‘n Bmw. Eppoi ‘e motocicrette e li versi dell’animali e speciarmente l’ucelli».
«Ah ecco!!! Mo capisco tutto!!! Ecco che fa ‘a sera su ‘a Colombo!!! Certo che è brava…»
«Aho! Finarmente te sei ricreso su Katy. Lei è ‘n talento puro. E’ una dè l’imitatrici più brave dè
casa nostra! E tu Arfrè pensi che pò annà a quela trasmissione a fa er provino?»
«No!!! E’ sprecata!!! Io dico che lei deve seguità a sera a annà su a Colombo, andò vanno ‘e
specialiste de quer settore e de quel’animali.
Li ‘a pieno subbito! De sicuro!»
Alvaro Cardarelli
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ER PASSATO C'ARITORNA

 

ER PASSATO C’ARITORNA

NOTA; LA STORIA E’ VERA E L’HO VISSUTA VERAMENTE!  IO E L’AMICO SEGUITIAMO A INCONTRARCI. I NOMI DEI CANTANTI (DEI QUALI UNO E’ SCOMPARSO CIRCA 5 ANNI FA), NON LI FACCIO. E NEMMENO DEL PLAYBOY. MA SONO POI DIVENTATI TUTTI FAMOSISSIMI! Alvaro

Come quasi tutte ‘e matine, stavo drento ar Bar sotto casa a pià ‘n caffè.

Ma più che per caffè, che già ho piato a casa,  è soprattutto pè ‘ncontrà quarche Amico che giusto a quel’ora posso vede: Stefano “er bancario”, Ivanoe, Enzo e Marco, lazziali fracichi e quarche artro. Tra ‘no sfottò tra Lazziali,  Romanisti e Juventini, e quarche soriso dè belle donne: Oriana, Angela, Giusy e altre che entreno e escheno dar bar, finisce l’ora der caffè prima che vanno tutti a lavorà. Tutti? Quarcuno! Per esempio io no! E come me, puro antri. Semo quasi ormai tutti penzionati! Venimo ar fatto: na’ matina entra uno, cor quale se salutamo da quasi 5 anni, ma che con lui nun semo mai annati ortre er saluto.Magro. Aabbastanza ancora messo bene anche se nun cià più vent’anni e simpatico.A l’improviso me fa: “ma ciò sai che io e te se conoscemo da ‘na vita?”. “Noi due? Ma sei sicuro? E com’è che nun me l’hai mai detto prima?” Faccio io sorpreso. E lui: “ma ‘n po’ perché me veniva dà ride solo ar penziero dè dittelo eppoi ‘n po’ me vergognavo”.              “Aho! E dè che te vergognavi?” “Vabbè mò te ricordo quarche cosetta. Tu stavi ‘n Prati nell’anni ’50 e frequentavi ‘na serie dè personaggi tra cui anche quarche cantante che ancora nun era affermato? C’era “questo, quelo, e quell’antra, che ormai da tanti anni è famosa”. “Cazzo” faccio io!  “E’ vero! Io ho sempre abbitato a la Garbatella, andò sò nato, Ma pè ‘n periodo dè tempo, in Prati, frequentavo un gruppetto dè cantanti, che cercaveno dè sfonnà a la Rai che stava li vicino!. Eppoi frequentavo dei pleibboi e artri. Specie er pomeriggio. E te come ‘e sai stè cose?”.  “E io ‘e sò perché ero regazzino, ma c’ero puro io!”. “A si? E che ce facevi cò ‘n gruppo dè 18/25enni?”. “Mò ciò sò che te metti a ride! Io sò quelo che mannavate a cercà dè rimorchià quarche ‘strengia’ a la Foresteria der Foro Italico. Poi ‘a sera tutti a Piazzale Clodio. E io quarche sgrinfietta Tedesca o Svedese ‘a portavo!”. “Siiiiii...adesso me ricordo dè te…eri carino! Apposta te mannavamo in avanscoperta. Ma che robba! (“Questo è er passato tuo c‘aritorna, bello mio! M’ha detto ‘n po’ acida mi Moje quanno che je l’ho ariccontato!!!” E io: “ma dè quale passato parli, aho?”).  “Ma quanti anni ciavevi?”. “Quindici” me risponne. “E adesso che fai? Lavori?” Domanno. “No sò penzionato. Ciò avuto pè anni ‘na Scola dè Ballo, ma adesso…sai l’età!  Adesso pè nun annoiamme vado sempre in cerca dè ‘strengia’, ma naturarmente pe artri motivi. Sai…l’età…”.  “Ancora!”. Faccio io. “Ancora cò l’età! Ma allora io pè te sò decrepito! Vabbè ma che ce fai allora cò ‘e strengia?” Domanno. “E che ce fò? M’aggrego!”  “Aho! Ecchevordì m’aggrego?”. Aridomanno. “Arvà. Stà ‘a sentì! Io aspetto che escheno. E siccome escheno ‘n branco come “allevamenti caprini”, m’aggrego”. “Aho! Ma un poi esse più chiaro? Me dichi: m’aggrego. Ma che vòi dì?”  “Vojo dì che vado ‘n mezzo ar gruppo e m’aggrego. Inzomma: m’enfilo nder gruppo! Nisuno fà caso a uno cò ‘na scoppoletta, a testa bassa e che nun dice ‘na parola. Me faccio er ‘tur’ che se fanno loro. Pè fatte n’esempio: Coloseo, Bocca d’à Verità, Er Circo Massimo. Oppuro: Villa Borghese, P.zza dè Spagna, Trinità dè Monti, ‘a Barcaccia eccetera. Eppoi ce vado a pranzo e a cena a gratise…”.  “Ma che me stai a dì che vai cò li Tedeschi o li Svedesi, ce fai ‘n giro e ‘a fine ce vai puro a pranzo e a cena a gratise? Aho, mò nun me dì che vai puro in Arbergo cò loro”. “E sine! Devo d’annà puro ‘n’ Arbergo. Spesso se pranza e se cena proprio lì”. “E poi? Doppo che fai?”.   “Ma poi svicolo e me ne vado a casa mia a dormì. Pè me è solo ‘n divertimento. Nun è ch’avrei bisogno dè fa questo pè vive... anzi!!! Poi er giorno doppo, dè matina presto s’aricomincia... “

“Mortacci!”. Ho commentato io…

Alvaro Cardarelli

ER NOME DER PUPO

ER NOME DER PUPO 4 luglio 2012

‘E discusioni sur nome der fijo che doveva da nasce ereno ‘ncominiciate da armeno 9 mesi; più o meno quanno se capì che ‘a moje de Sandro era incinta.
Aveva ‘ncominciato Sandro a cercà de mettece ‘na pezza facenno avanzà de l’ipotesi su questo o quer nome. «A me me piacerebbe che se chiamasse Francesco, si fosse maschio e Chiara si fosse femmina»
«Arva» me dice Sandro. «Sò stato sempre ‘n tifoso de San Francesco e de ‘a Sua Santa Chiara. Pè questo me piacerebbe tanto chiamallo o chiamalla così». «Vabbè» je fò io, «e chi t’ho proibisce? Si te piace…» «si. E’‘na parola! Tra mi moje, er fratello de mi moje, mi socera e mi socero, nun fanno artro che mettece bocca. Un pò de nomi? Bada. Posso puro sbajà a scriveli perché quarcheduno so proprio ‘mpossibili! Io me chiedo andò cazzo l’hanno presi! Questi vedeno troppe fiction vedeno…» «Mò a Sà stà carmo però, mica saranno tutti nomi difficili. Magara quarcuno perché straniero…» «e certo che resto carmo. Però. Devo da dì che quarcuno è puro piacevole. Tipo “Alessandro, Andrea, Matteo, Lorenzo” oppure si fosse femmina: “Giulia, Sarah (co l’acca però!) Sofia (come ‘a Loren), Martina e Giada”» «’mbè, nun me pare che è così drammatica ’a cosa», dico io. «Sò nomi puro conosciuti…». «Arvà. Ma tu nun ciai nessun nome che te passa pe ‘a mente e damme così ‘n suggerimento? A me, a la fine me piacerebbe puro ‘n nome composto cò Antonio. Per esempio: Antongiulio» «A Sà. Queste sò cose delicate e nun è che ce se pò mette bocca. ‘O capisci vero?» faccio io. «Potressi, se è pè questo, puro penzà a un nome che ricordi questo o quer parente. Faccio ‘n esempio: tu Socero. Come se chiama tu socero? Potressi mette er nome de tu Socero si è maschio e de tu Socera si è femmina. No?». «Arvà. Ma ciò sai come se chiama mi Socero? Ce lo sai?» «No a Sà. Nu lo so. Ma perchè? Ciò dovrei da sapè?». «Arvà. Solo a l’idea de chiamà mi fijo Bernardo me sento male! Così se chiama mi Socero Arvà. Hai capito mò?» «Ho capito. Ho capito.
A parte che nun me sembra un nome così brutto. C’è pure er Passo der Gran San Bernardo…» «Si. Bonanotte Arvà. Si è pè questo c’è puro er cane de San Bernardo! » «Senti Sandrì. Te vojo bene. Ma me devi da dì: ma sei così sicuro che nasce maschio?
E si nasce femmina? Hai penzato a tu Socera? Ma ciai penzato davero?» «Arvà. Sta a sentì. Mò basta! Nun ne infili una che è una! Ma lo sai come se chiama mi Socera? Ce lo sai Arvà?» «Aho. A Sa. Ma mo ciarifamo? Ma come faccio io a sapè si come se chiama tu Socera si nun l’ho mai vista in vita mia! Ma come se chiamerà mai? Beata? Bonaria? Creofe che era a fia der tripparolo?» «Noneeee! Questi che dichi te sò pure mejo der nome de mi Socera! Capimese però. E’ a me che nun me piace. A me mi fija cor nome Adargisa nun me piacerebbe! ‘O capisco che è ‘n nome come n’antro. Ma a me Adargisa nun me piace. Punto!» «E virgola! T’avevo detto che nun me volevo ‘mpiccià! Poi so gusti perzonali! A me Adargisa, per esempio nun me fa schifo! »

Pochi giorni doppo, nasce un maschietto a Sandro. Chiaro che ero curioso de sapè come l’aveveno chiamato. Ma nun me volevo espone troppo. Allora ho chiamato Nenno, che è amico dè Sandro. E domanno: «A Né. Ho saputo che è nato ‘n fijo a Sandro e che è puro ‘n ber pupo. Ma come se chiama? Come l’hanno chiamato?» «Hanno fatto un gran casino Arvà. Nun t’aricconto nemmeno tutta ‘a storia che è lunga, curiosa e pè certi verzi dolorosa. Si perché Sandro e la moje se sò separati. Armeno ner senzo che lui è riito a casa da ‘a Madre e lei è rimasta cor regazzino a casa dè li genitori materni. Ereno d’accordo che j’avrebbero messo nome Claudio, che è er nome der Padre dè Sandro, morto tanti anni fà. Hanno dato l’incarico d’annallo a registrà a l’Anagrafe a Sandro che essenno er padre…» «Okkei. Ma perché hanno fatto casino? Che è successo? Ma inzomma sto regazzino ce l’ha ‘n nome o no?» «Si. Se chiama Adarberto. Perché Sandro, ‘n pò p‘a stanchezza, l‘aspettativa che nascesse stò fijo, er gran callo che fà...nun s’è capito come e perchè ma, davanti a l’impiegato de l’Anagrafe, nun s’è aricordato più er nome che j’aveveno dato e siccome che pare che l’impiegato j’ha detto che lui nun poteva stà tutto quer tempo a aspettà, Sandro, preso da ‘o sconforto i’avrebbe detto “vabbè mi fio se chiama Adarberto”. Aprete celo! Quanno che è tornato a casa e ha detto che aveva messo nome ar pupo Adarberto…» «a Né. Me viè a mente ‘a vecchia barzelletta che faceva: "Arfredo, viè a pijà ‘n po' de vino". “No. Io so astemio”. “Vabbè: Astemio viè a pija ‘n pò de vino...”.

Alvaro Cardarelli



 

 

 

 

 

 

ER CONSUMISMO SFRENATO

ER CONSUMISMO SFRENATO                                                                            2 gennaio 2013


«Arvà, me sa che te faccio ride anche si c’è poco da ride» me fa Nico detto “er caciara”.
«Perché che t’è successo?» E Nico «Eli, mi Moje, a l’improviso me dice:”io nun vorei proprio
somijà e nemmeno n’anticchia a Lauretta» «Mo io, Arvà, stavo a legge ‘na Rivista d’informattica
perché de compiutere nun ne capisco ‘na cippa! E ‘nvece è ora che me metto ar passo co li
tempi. Te dicevo che stavo a legge, quanno che m’ha detto sta cosa. Me fermo, chiudo ‘a Rivista
e je domanno: “ma chi? Lauretta ‘a Moje de Sandro “er cortocircuito?”» «Si proprio lei» aripija
Eli. E io «in che senzo?» «Ner senzo che quela cià ‘a fissa p’ò scioppinghe e quer povero Sandro
stà sempre pronto cor portafojio ‘n mano. E io pago, diceva Totò» «Vabbè. Ma a te che te frega?
Mica paghi te!» «Certo. Ma nemmanco te! Che sei proprio er contrario de Sandro. Te sei ‘n
tirchio d’‘a miseria…nun me compri gnente! Aiuteme…come se dice gnente?» «Mbè. Mo nun
esaggerà. Nun te ricordi che t’ho comprato ‘a borza co ‘e scarpe?» «E certo! Ma du anni fa ar
compleanno mio! Quest’anno hai fatto finta de scordatte er giorno der compleanno così hai
puro sartato er rigalo!» «Quanto sei esaggerata! Me sò scordato! Succede no?» «E si. Ma
succede solo a te. Nun hai voluto che annassi a lavora!. Eri geloso! Co’ er risultato che si nun
me dai te quarche cosa io nun ciò gnente pe compramme magara ‘n vestitino! Io me riciclo li
vestiti vecchi! Li vedi sti ginze? Questi li portavo a 18 anni e mò ce n’ho 45!» «Si. E io me so
‘nammorato de te co sti ginze! Ciavevi ‘n gran ber culo…e ancora oggi. Nun so cambiati li ginze
ma manco er culo!» «Certo, certo! E io si vojo quarche cosa, perché io ce lo so, te te devo da
venì ‘a sculettà davanti. Vero?» «Bella stà cosa Nì» Je faccio. «Ma Eli te sculetta davanti?»
«Perché nun ce lo sai che ‘e Donne si vonno quarche cosa da noi ciò sanno come se fa? Ma
perché tu Moje, Arvà, nun te sculetta quarche vorta?» «Oddio Nico! Me fai ‘mpazzi! Ma te cià
vedi Valeria che viè e me sculetta davanti? Ma noi semo de ‘n’artra generazzione. Anzi come
dico io “semo diversamente giovani”. Semo d’artri tempi. A l’antica. E li sculettamenti nun
s’usaveno!» «Si. E’ vero! Scuseme Arvà nun volevo offenne né te né Valeria!» «Nun te preoccupà
che nun s’offennemo. Ma dimme. E allora? Che è successo?» «E’ successo che a
faccenna è ita a fini a schifio. Perché Eli ha seguitato e più annava avanti e piu tirava fora er
veleno. Io poi ciò messo der mio perché a ‘n certo momento ho detto: abbasta! Ciavemo ‘a crisi
economica e tutti sti consumi nun se ponno fa! Tocca a risparmià. Basta co’ sto consumismo
sfrenato, co’ l’esibbizzionismo! Punto e basta!» «A si?» M’ha risposto Eli. «Consumismo
sfrenato pe te è compramme quarche cosa ‘na vorta gni du anni? S’arisparmia quanno se tratta
de me.Te mo te sei comprato er compiutere novo “perché bigna esse aggiornati!”. E io che vado
vestita come una de l’anni trenta? Li vestiti che ciò e più de uno, so de mi Madre che li ho
rimessi a posto. Ma che devo da fa? Me devo da fa l’amante pe compramme quarche cosa?»
«Arvà. Io detesto queli che meneno a ‘e donne. E figurete queli che l’ammazzeno. Però in quer
momento ero imbestialito e prima de commette quarche cazzata ho operto a porta de casa e so
uscito. Ma ero fora d’a grazzia de Dio! Eli aveva esaggerato!!! Giro l’angolo e te vedo Gianni “er
gigante” che sortiva dar Bar. Je dico: “a Già. Vie quà! Damme du schiaffi. Ma dammeli belli e
forte”. Gianni m’ha arifilato du pezze che ancora me gira ‘a testa. Un dolore Arvà. Che
dolore…ma te devo da dì che nun tutti li dolori vengheno pè nòce. So subbito aritornato a casa
cò Eli preoccupata che m’aveva visto sortì ‘ncazzato nero e me stava a aspettà. L’ho presa pè le
braccia. L’ho fatta mette a sede ar divano. Jè so ito davanti…» «vabbè! A Nico! Ma che mo
m’aricconi de come hai fatto sesso cò tu moje?» «E no, Arvà. M’hai ‘nterotto! Famme finì ‘a
frase. Dunque dicevo: Je so ito davanti. Me so girato e ‘o cominciato a sculettà! Eli è scoppiata
in una risata convursa e rideva, rideva. M’ha abbracciato…e ha capito che je stavo a da
raggione…» «Nico. Ciavevi raggione quanno a l’nizio de ariccontamme tutto m’hai detto:
“Arvà, me sa che te faccio ride”. Me stai a fa piscià sotto da ride! Ahahahah…che scena.
Te che sculetti! Poi però te dico puro: A Nì. Ma che vergogna! Ma che schifoooo!»


Alvaro Cardarelli

ER COMPLEANNO MIO

17.luglio.2013 - Du’ settimane fa ho compiuto 50 anni.                    
‘A matina der compreanno me sò arzato e ero abbastanza arzillo anche si ‘n pò me ce rodeva er chiccherone d’avecce già 50 anni. Ma ereno giorni che ciò sapevo che me sarei sentito armeno ‘n pò strano e allora me sò detto: ”aho. Arvà. Mo nun cominciamo cò ‘a pippata d‘a mezza età…

ER BIKINI O ER PERIZZOMA?

Buon Ferragosto a tutti


‘Gni vorta che ariveno luglio e agosto d’ogni anno aricomincia er tormentone. ‘E quattro amiche mie, “belle e brave” me cominceno a dì: <Arvà. Che me metto quest’anno?

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